In questo post parlerò dell’evoluzione dell’uomo e, come dice Woody Allen, del mio secondo organo preferito: il cervello. Il gene della microcefalina (MCPH1) è un gene molto importante dello sviluppo del cervello umano, forse uno dei geni responsabili di quello che è il tratto distintivo del genere umano: l’intelligenza. Questo gene è espresso in fase precoce della vita embrionale e controlla la crescita e la differenziazione delle cellule neuronali.
La microcefallina controlla l’espressione di altri geni, può essere paragonato ad un direttore d’orchestra o ad un architetto che progetta la costruzione di una casa. È capace di regolare l’espressione dei geni che “costruiscono” le cellule e i tessuti del nostro cervello. Siccome coordina lo sviluppo del cervello, la sua inattivazione determina una grave anomalia: la microcefalia, uno sviluppo del cervello minore ed un ritardo mentale.
Su questo gene alcuni ricercatori dell’Università di Chicago guidati dal genetista Bruce Lahn hanno fatto una scoperta molto importante. Una mutazione di nucleotide sulla sequenza del DNA in posizione 37995 (una guanina trasformata in cisteina, definita in termini tecnici G37995C) è estremamente frequente nell’uomo (qui). La altre mutazioni in questo gene hanno una frequenza molto bassa, inferiori al 5%, ma la mutazione , G37995C era presente nel 70% degli individui studiati.
Per essere più esatto la percentuale si riferisce ad un aplotipo (wiki) cioè ad un gruppo di mutazioni che sono legate – statisticamente – alla mutazione G37995C che Lahn e collaboratori hanno chiamato aplotipo D (derivato) per differenziarlo dall’aplotipo ancestrale presente nell’antenato dell’uomo e nelle scimmie.
Come si spiega allora Lahn l’eccezionale frequenza dell’aplotipo D ? Lahn ipotizza che si tratta di una mutazione “positivamente selezionata” cioè una mutazione che conferisce un vantaggio evolutivo su chi non l’ha. Questo vantaggio permetteva ai “portatori” di riprodursi di più e di accrescere la frequenza della mutazione nella popolazione … e qual’è questo vantaggio evolutivo se non intelligenza?.
Gli autori hanno utilizzato un software di analisi statistica per capire se l’elevata frequenza dell’aplotipo D poteva essere frutto del caso. Il risultato degli studi di simulazione é stato: no, non puó essere dovuto al caso, l’ipotesi iniziale della selezione positiva poteva essere accettata.
Grazie all’analisi di molte sequenze geniche hanno stabilito che l’apotipo D é comparso circa 37.000 anni fa cioè ben dopo la nascita dell’uomo moderno. Ció suggerisce che l’evoluzione era ancora in atto quando l’uomo già conosceva le prime forme di organizzazione sociale. Questa data coincide con la rivoluzione del Paleolitico superiore (qui) e con la nascita dell’arte e del simbolismo.
Non solo, ma se questo aplotipo é nato solo 37000 anni fa (se paragonata alla scala evolutiva umana) come ha fatto a diffondersi cosi velocemente nella popolazione umana? Siamo di fronte ad una diffusione estremamente veloce: motivo di più per pensare ad una forte selezione positiva.
Per ultimo sono stati studiati 1184 individui appartenenti a 59 gruppi etnici diversi per sapere come era distribuita questa mutazione nelle varie popolazioni umane. Hanno scoperto che nelle popolazioni sub sahariane la frequenza era più bassa, anche questo dato è in accordo col fatto che l’emergenza di questa mutazione è avvenuta quando l’uomo era già emigrato fuori dall’africa. L’aplotipo D è più diffuso negli indiani americani. Per quel che riguarda l’Italia il gene dell’intelligenza è più frequente nei sardi seguiti dai toscani e per ultimo, (era necessario dirlo?) dai bergamaschi.
Questo risultato, che é stato largamente ripreso dai media, apre la porta a varie ipotesi con risvolti sociali e raziali molto importanti.
Che la microcefalina fosse sottoposta ad una pressione selettiva positiva durante la storia evolutiva dell’uomo, non pone nessun problema. È accertato che questo gene é evoluto molto rapidamente durante la storia evolutiva dei primati ed ha accompagniato un forte sviluppo del cervello. Ma i problemi sorgono quando si afferma che un gene che controlla lo sviluppo del cervello sta ancora evolvendo perchè si pone un legame tra la storia evolutiva dell’uomo e sviluppo della societá o anche tra genetica ed intelligenza.
Questa scoperta mette delle basi genetiche alle differenze di capacità mentali, o, in maniera più generale, fornisce una regione genetica al successo evolutivo di una popolazione rispetto ad un’altra. Si può sostenere che la superioritá (evidente o presunta) della societá occidentale é dovuta a questo gene (come si sono precipitati ad affermare alcuni gruppi razzisti americani – qui).
Naturalmente se si va a vedere la frequenza dell’aplotipo D si scopre che é più diffuso nelle popolazioni amerindiane rispetto ai caucasici, contraddicendo così la tesi della superiortà genetica dell’uomo occidentale. Ma questo non é l’importante; l’importante é avere per la prima volta mostrato un legame tra la genetica e lo sviluppo della civilizzazione, una tesi fondalmentalmente razzista.
Ma per tirare delle conclusioni sociali dobbiamo essere sicuri dei dati genetici : vi sono state delle verifiche? Lo vedremo nel prossimo post.
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Bibliografia:
Evans, P. (2005). Microcephalin, a Gene Regulating Brain Size, Continues to Evolve Adaptively in Humans Science, 309 (5741), 1717-1720 DOI: 10.1126/science.1113722
L’idea di scrivere questo post mi é venuta leggendo il bolg di Tom Roud (qui)
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