Dibattito sull’omeopatia tra Boiron e Garattini – Parte 1

Si e svolta poco tempo fa un interessante dibattito tra Christian Boiron, il direttore di una delle più grandi industrie omeopatiche europee e Silvio Garattini il direttore dell’istituto di ricerche Mario Negri di Milano. È raro poter assistere a dei dibattiti pubblici tra omeopati e farmacologi, generalmente i sostenitori delle teorie di Hahnemann si fanno intervistare da giornalisti compiacenti e possono dichiarare ciò che più gli pare senza paura essere contraddetti. Il dibattito si è svolto il 25 maggio 2010 presso la fondazione Corriere della Sera ed è stato moderato da Luigi Ripamonti (potete vederlo qui).

Molti siti ne hanno parlato segnalo questo blog che ne fa un riassunto molto equilibrato (qui) e da MedBunker (qui), io vorrei aggiungere qualcosa riguardo a cosa dice Boiron per rispondere agli argomenti di Garattini, le prove scientifiche che cita (ma soprattutto che non cita) e la retorica che usa per difendere l’omeopatia.

Il dibattito:

Garattini comincia con l’artiglieria pesante dicendo che è illusorio pensare che i rimedi omeopatici seguano il principio di “similitudine” enunciato da Hahnemann (il simile cura il simile). Infatti data la forte diluizione che si utilizza nei rimedi e secondo la legge di Avogadro non rimane più nulla “… di che similitudine si sta parlando se non c’e’ niente?” Si dovrebbe piuttosto dire che il nulla cura il simile. Aggiunge che non si assumono farmaci perché non fanno male.

Boiron fa subito l’offeso: “Evitiamo il folklore; sono stupito dal disprezzo che Garattini mostra per il lavoro egli altri”. Più che disprezzo ritengo che l’attitudine di Garattini sia ironica, infatti, ha portato come esempio la diluizione omeopatica di Nebbiolo dicendo chi compra la soluzione omeopatica di Nebbiolo non sa la differenza tra acqua e vino. Boiron dovrebbe piuttosto essere offeso con Avogadro ed i libri di testo dei fisica e chimica perchè Garattini non ha fatto che ripetere ciò che i nostri figli studiano a scuola.

Boiron ammette che 200 anni di ricerca non hanno portato alla spiegazione del meccanismo d’azione (attitudine estremamente onesta). Il fatto che non si conosca il meccanismo d’azione, spiega, non invalida la cosa perché…

…per l’aspirina e vaccini i meccanismi d’azione sono stati spiegati anni dopo, forse con le nanotecnologie si potrà trovare una risposta a questa domanda.

Boiron cerca poi di sviare il dibattito dicendo che “Il vero dibattito è: dove vado a farmi curare?”, dibattito che riguarda più il rapporto medico paziente e non è il tema della riunione.

Il problema non si risolve gettandosi delle invettive, i farmaci omeopatici, hanno la loro specificità … sono ricchi di specificità … (non spiega e non so spiegarmi cosa significhi la specificità di un rimedio omeopatico) l’omeopatia è giovane.

Il problema della dose:

Garattini ribatte dicendo che non si discute del meccanismo d’azione un farmaco, di cui ancora in molti casi non si conosce il meccanismo,

ma almeno so di che cosa parlo, lo posso misurare. Le posso distinguere l’una dall’altra, sono chimicamente diverse e so su cosa agiscono. Come posso avere specificità in omeopatia se non so distinguere una boccetta dall’altra?.

A questo punto interviene Ripamonti per cercare di riportare un po’ di calma nel dibattito e propone un argomento caro a gli omeopati: nell’omeopatia non posso misurare la dose di farmaco ma posso misurare i suoi effetti, si può fare scienza così?. Certamente, l’idea è logica, gli effetti si possono misurare: se un malato guarisce, dopo quanto tempo guarisce, se il dolore/sintomi sono diminuiti, se vi sono ricadute, qual è la differenza con il placebo, eccetera, tutto ciò è perfettamente misurabile. Ma non convalida per questo l’omeopatia perché da buon scettico posso sempre ribattere: “O.K., hai misurato l’effetto ma qual’é la causa?”.

I lavori omeopatici partono sempre dall’ipotesi che il rimedio funziona, così qualsiasi effetto si ottiene la causa deve essere il rimedio omeopatico: non è un’impostazione scientifica. Mi fa venire in mente un pensiero di Pippo:

Il mio telefono è rotto perché suona sempre quando faccio il bagno.

I due eventi sono correlati temporalmente ma non vi è nessuna correlazione causale del tipo: faccio il bagno – causa, suona il telefono – effetto. Nella stessa maniera posso dire che se oggi prendo l’omeopatia domani avrò più probabilità di farmi una storta o di bucare la bicicletta.

 

 

Boiron riprende il problema della misurabilità e difende la scientificità dell’omeopatia dagli attacchi di Garattini dicendo che

l’efficacia è accertata il meccanismo non è noto perche sono diluizioni sconosciute. Non lo conosco quindi non esiste, questo non è un atteggiamento scientifico per me.

Credo che il problema sia diverso ed ancora Boiron fa finta di non capirlo: non è  quello che non conosco che non é scientifico, è quello che non posso misurare che non è scientifico, non posso misurare le diluizioni non sta facendo scienza. Qui si potrebbe aprire anche un discorso sui limiti della scienza e sulla misurabilità ma sarebbe un discorso troppo lungo. Detto in breve credo che la scienza non può misurare quanto amiamo i nostri figli o la nostra compagna, non può misurare la bellezza di Guernica di Picasso o della Gioconda (o almeno non credo nessuno abbia mai affrontato seriamente questo problema) e non si può misurare il contenuto di un rimedio. È un limite che la scienza s’impone punto e basta. Per questo “50 anni di sperimentazioni” non hanno prodotto risultati perché cercare di spiegare qualcosa non-misurabile con degli strumenti scientifici è semplicemente assurdo. Boiron troverebbe una soluzione se guardasse alla psicologia del rapporto medico paziente o all’autosuggestione, o magari se leggesse semplicemente Wikipedia qualche spunto lo troverebbe:

… the presumed mechanism may primarily be the power of the mind which controls behavior and perception all the time, and the fact that if an individual believes that their situation will change then their situation actually does change.

Il problema metodologico:

Boiron ripete più volte che l’omeopatia è un fatto provato “da 250 sperimentazioni cliniche”. Qui si tratta veramente di un discorso tra sordi perché nonostante Garattini sostenga che non vi siano prove scientifiche o lavori pubblicati Boiron sostiene il contrario ma non è capace di citare una sola pubblicazione. Per giustificare la mancanza di una prova scientifica sufficientemente valida Boiron sostiene che i critici sono sempre più severi contro gli studi omeopatici che contro gli studi allopatici, i detrattori sostengono che

…non è possibile … che gli studi non sono sufficientemente validi o perfetti. Sono colpito dalla durezza delle vostre posizioni; sperimentazioni che noi consideriamo positive, e che anche altri considerano positive, voi le giudicate sistematicamente inesistenti… è sufficiente essere nel mondo dell’allopatia per fare studi che vanno benissimo, non appena si parla di omeopatia non vanno più bene.

Qui Boiron propone l’idea che gli “allopati” siano scettici verso l’omeopatia e, pur non facendo studi clinici di qualità, li richiedono ai loro colleghi omeopati – noto per inciso che poco prima diceva di aver più simpatia per gli scettici che per i fanatici.

Il problema non riguarda l’attitudine dei medici “allopati” ma è un problema metodologico e riguarda la capacità di misurare “l’effetto terapeutico” (qui) di un rimedio: se nelle sperimentazioni cliniche della medicina omeopatica non si riesce mai a trovare una differenza netta (statisticamente significativa) tra placebo e rimedio è necessario fare degli studi di qualità più elevata.

Per esempio: se uno studio su 10 pazienti mostra in maniera dubbia che si, che forse, in una certa maniera, l’omeopatia è migliore del placebo, per ottenere un risultato statisticamente significativo bisogna includere 100, 1000 pazienti, oppure aumentare la dose (scusate volevo dire diminuire la dose visto che si tratta di omeopatia), o selezionare di più la patologia, o i pazienti, o allungare il periodo di osservazione… Questo problema si pone anche negli studi della medicina tradizionale ma è molto più frequente in quella omeopatica.

Se uno studio per la stessa patologia ma con una medicina allopatica ha dimostrato una differenza significativa, il risultato, positivo o negativo che sia, è conclusivo: prendi e porta a casa. Generalmente, invariabilmente, la sperimentazione omeopatica non dà risultati netti e le pubblicazioni si concludono sempre: “sono necessari altri studi per dimostrare che il rimedio A serve nella malattia B”. Mi meraviglia molto che Boiron, pur affermando di conoscere la metodologia scientifica, non fosse a conoscenza di questo problema metodologico, ma probabilmente intendeva suggerire al pubblico che i medici allopatici fossero dei fanatici prevenuti nei riguardi dell’omeopatia.

Prossimo post: la regolamentazione dei rimedi omeopatici ed i risultati sperimentali.

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Una risposta a Dibattito sull’omeopatia tra Boiron e Garattini – Parte 1

  1. Michele Nardella ha detto:

    La facciatosta e l’ arroganza di Big Pharma e di tutti quegli scienziati tradizionali ad essa asserviti non conoscono limiti. Voler far credere che 9 milioni di pazienti (solo considerando l’ Italia) ricorrono all’ omeopatia solo perchè si lasciano facilmente suggestionare non è solo una ridicola assurdità, ma un vero e proprio insulto all’ intelligenza di tutte le persone dotate di un minimo di buonsenso. Leggetevi per favore su http://www.ilmioblogolistico.it, nel mio articolo “Ancora sull’ omeopatia”, cosa dice di questa medicina Fritjof Capra (devo specificare di chi sto parlando?), intervenuto come ospite al IX Congrsso Nazionale di Omeopatia a Verona lo scorso anno.

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